venerdì 25 marzo 2011

Un dotto dibattito alla Sorbona secondo Rabelais. In italiano per i non francofoni. In francese

Così nel 1532 (più o meno) si immaginava una dotta discussione tra sapienti (più o meno). Il testo in francese:"!http://fr.wikisource.org/wiki/Pantagruel/Chapitre_18"
E' bello che finisca a tarallucci e vino...

O voi, signori che leggete questo scritto, non pensate che mai al mondo alcuno sia stato acceso ed eccitato nel pensiero quanto furono quella notte sia Thaumaste e sia Pantagruele. Thaumaste disse al portiere di Cluny, dove alloggiava, che in vita sua non s'era mai sentito sì gran turbamento come quella notte. "Mi pare, diceva egli, che Pantagruele mi tenga per la gola; provvedete da bere, vi prego, e fate che non manchi l'acqua fresca per gargarizzarmi il palato".
Dall'altro lato Pantagruele entrò in alta combustione e tutta la notte non fece che fantasticare su:

il libro di Beda: De Numeris et signis;
il libro di Plotino: De Inenarrabilibus;
il libro di Proclo: De magia;
i libri di Artemidoro: Peri Oneirocriticon;
di Anassagora: Peri semion;
d'Ynario: Peri Aphaton;
i libri di Philistion;
quello d'Ipponax: Peri Anecphoneton,

e un mucchio d'altri libri, tanto che Panurgo gli disse:
- Signore, lasciate tutti questi pensieri e andate a coricarvi; vi sento tanto agitato di spirito che ben presto vi piglierebbe una febbre efimera per eccesso di pensamento. Ritiratevi e dormite tranquillamente non senza prima aver bevuto venticinque o trenta buoni bicchieri, e domattina non ci pensate, risponderò io e discuterò io contro Signor l'Inglese e dite male di me se non lo metterò ad metam non loqui.
- Ma, veramente, Panurgo, amico mio, bada che è sapientissimo; come potrai competergli?
- Magnificamente, rispose Panurgo, ma non ne parliamo più, vi prego, e lasciate fare a me; v'è uomo sapiente come i diavoli?
- No davvero, disse Pantagruele, salvo una speciale grazia divina.
- E tuttavia, disse Panurgo, mille volte ho discusso contro loro e li ho insaccati e glie l'ho messo nell'organo. E quanto a questo vanitoso Inglese state tranquillo, domani ve lo faccio cacare aceto davanti a tutto l'uditorio.
Così Panurgo passò tutta la notte a tracannare coi paggi e a giocarsi tutte le fibbiette delle sue brache a primus e secundus e a la verghetta. E giunta l'ora condusse il suo padrone Pantagruele al luogo stabilito.
Credete pure francamente che nessuno a Parigi, né grande, né piccolo vi mancò, giacché pensavano: "Questo diavolo di Pantagruele che ha sbaragliato tutti i sorbonicoli, ora ha trovato pane pei suoi denti; questo Inglese è un altro diavolo di Valverde, vedremo chi la vincerà".
Mentre tutta la gente s'affollava, Thaumaste li attendeva. Ed ecco, quando arrivano nella sala Pantagruele e Panurgo tutti gli scolari e studenti delle arti e i professori cominciano a battere le mani com'è loro sciocca usanza.
Ma Pantagruele gridò con voce sì alta che parvero cannonate: "Silenzio in nome del diavolo! Silenzio per Dio, bricconi! Se mi rompete qui le scatole vi taglio la testa a tutti quanti". Alle quali parole tutti restarono sbalorditi come anitre e non osavano tossire neanche se avessero ingoiato quindici libbre di piume. Furono tanto turbati dalla sola voce che tiravano la lingua fuori dalla bocca un buon mezzo piede come se Pantagruele avesse loro salato la gola. Allora Panurgo incominciò a parlare volto all'Inglese:
- Signore, sei tu venuto qui per disputare in contraddittorio sulle proposizioni che hai presentate, oppure per apprendere e sapere la verità?
- Altro non mi conduce, rispose Thaumaste, se non il buon desiderio di apprendere e sapere ciò di cui ho dubitato tutta la vita, senza aver mai trovato né libro né uomo che mi soddisfacesse nella soluzione dei dubbi proposti. Quanto al discutere in contraddittorio, non io voglio questo troppo vile esercizio, lo lascio a quei furfanti sofisti sorbillanti, sorbonagri, sorbonigeni, sorbonicoli, sorboniformi, sorbonisequi, niborcisanti, sorbonizzanti, saniborsanti, i quali nelle loro dispute non cercano verità, ma contraddizione e controversia.
- Dunque, disse Panurgo, se io che sono un discepoluccio del mio maestro Signor Pantagruele, posso contentarti e soddisfarti, sarebbe cosa indegna disturbare il maestro; perciò sarà meglio che egli presieda e giudichi de' nostri argomenti e ti risponda tutt'al più se io non avrò soddisfatto il tuo studioso desiderio.
- Veramente hai ben detto, disse Thaumaste.
- Comincia dunque.
Notate bene che Panurgo aveva messo a un capo della sua braghetta un bel fiocco di seta rossa, bianca, verde e celeste, e dentro vi aveva messo una bell'arancia.


CAPITOLO XIX.

Come qualmente Panurgo mise nel sacco l'Inglese che argomentava per segni.


Mentre dunque tutti i presenti stavano silenziosi in ascolto l'Inglese alzò alto nell'aria le due mani separate stringendo tutte le estremità delle dita a cul di gallina, come si dice a Chinon, e le battè l'una contro l'altra, per le unghie, quattro volte; poi le dischiuse e le battè piatte l'una contro l'altra con suono stridente, una volta le richiuse come prima e battè due volte; le riaprì e battè quattro volte. Poi, distese, le congiunse l'una contro l'altra come se pregasse Dio devotamente.
Panurgo immediatamente levò in aria la mano destra, poi introdusse il pollice destro nella narice destra, tenendo le altre quattro dita distese e unite nel loro ordine in linea parallela alla pinna nasale, chiudendo nello stesso tempo l'occhio sinistro e ghignando col destro con profonda depressione del sopracciglio e della palpebra. Poi levò in alto la sinistra con forte chiusura ed estensione delle quattro dita ed elevazione del pollice, e la teneva in linea perfettamente corrispondente alla posizione della destra con distanza tra l'una e l'altra d'un cubito e mezzo. Ciò fatto, abbassò verso terra allo stesso modo ambo le mani; finalmente le tenne nel mezzo come mirando dritto al naso dell'Inglese.
-  E se Mercurio ?... disse l'Inglese; ma Panurgo l'interruppe dicendo:
- Voi avete parlato, mascherotto.
L'Inglese allora fece il segno seguente: levò alto in aria la mano sinistra del tutto aperta, poi chiuse a pugno le quattro dita appoggiando il pollice disteso alla pinna del naso. Subito dopo alzò la destra tutta aperta e aperta l'abbassò congiungendo il pollice alla chiusura del mignolo della sinistra e movendo le quattro dita di questa lentamente nell'aria.
Poi, a vicenda, fece colla destra quello che aveva fatto con la sinistra e con la sinistra ciò che aveva fatto con la destra. Panurgo, punto stupito di ciò, colla sinistra sollevò in aria la sua trimegista braghetta e colla destra ne estrasse una fetta di costola bovina bianca e due pezzi di legno di forma eguale, l'uno di ebano nero, l'altro di brasile incarnato e se li mise tra le dita della destra in buona simmetria; e sbattendoli insieme produceva un rumore somigliante a quello che fanno i lebbrosi di Bretagna colle raganelle, ma alquanto più sonoro ed armonioso; e colla lingua contratta canticchiava allegramente sempre guardando l'Inglese.
I teologi, medici e chirurghi pensarono che, con questo segno egli inferisse esser l'Inglese un lebbroso. I consiglieri, legisti, e decretisti pensavano che, ciò facendo, volesse concludere che una specie di felicità umana era nello stato di lebbroso, come già affermò anche il Signore.
L'Inglese non si spaventò per questo e alzando ambo le mani le tenne in maniera che le tre dita più lunghe stavan chiuse a pugno, i due pollici s'introducevano tra l'indice e il medio e i due mignoli restavano distesi; e così li presentava a Panurgo; poi li combinò in modo che il pollice destro toccava il sinistro e parimenti i due mignoli.
Allora Panurgo, senza dir parola, alzò le mani e compose il segno seguente: congiunse le unghie dell'indice e del pollice della mano sinistra formando una specie di anello e chiuse a pugno le dita della destra meno l'indice che metteva spesso dentro e fuori del detto anello della sinistra, poi colla destra stese il medio e l'indice divaricandoli quanto poté e dirigendoli verso Thaumaste; quindi mise il pollice della mano sinistra all'angolo dell'occhio sinistro, stendendo tutta la mano come ala d'uccello o pinna di pesce e movendola graziosamente qua e là e del pari la destra all'angolo dell'occhio destro.
Thaumaste incominciò a impallidire e a tremare e gli rispose col segno seguente: battè il dito medio della mano destra contro il muscolo della palma che è sotto il pollice, poi mise l'indice della destra nell'anello della sinistra, ma lo mise per di sotto non per di sopra come faceva Panurgo.
Allora Panurgo picchia le mani l'una contro l'altra e soffia sulla palma; ciò fatto rimette l'indice della destra nell'anello della sinistra tirandolo spesso dentro e fuori, poi allunga il mento fissando attentamente Thaumaste.
La gente che non capiva niente ai segni, intese che con quest'ultimo Panurgo, senza dir parola, domandava a Thaumaste: "Che volete dire con ciò?"
Infatti Thaumaste cominciò a sudare a goccioloni e aveva l'aspetto d'uno che fosse rapito in alta contemplazione. Poi si ravvide e mise tutte le unghie della sinistra contro quelle della destra aprendo le dita come fossero state mezzicerchi ed inalzò questo segno quanto più poté.
Subito Panurgo tenendo il pollice della destra sotto la mandibola introdusse il mignolo della destra nell'anello della sinistra facendo risonare i denti ben melodiosamente, gl'inferiori contro i superiori.
Thaumaste si alzò affannosamente; ma alzandosi gli scappò una scorreggia da fornaio, di quelle cui segue la cacarella, e pisciò aceto ben forte, con una puzza di tutti i diavoli. I presenti cominciarono a turarsi il naso, poiché egli per l'angoscia si sconcacava tutto; tuttavia levò la mano destra chiudendola in modo da riunire tutte le punte delle dita insieme e posò sul petto la sinistra distesa.
Allora Panurgo tirò la sua lunga braghetta col fiocco e la stese per un cubito e mezzo tenendola sollevata con la mano sinistra; con la destra prese l'arancia e la gettò in aria sette volte; all'ottava la chiuse nella destra tenendola ferma in alto, poi cominciò a scuotere la sua bella braghetta mostrandola a Thaumaste.
Visto ciò Thaumaste cominciò a gonfiar le guancie come un zampognaro e a soffiare come se gonfiasse vesciche di maiale.
Panurgo mise un dito della sinistra al buco del culo e colla bocca aspirava l'aria come quando si mangian ostriche o si sorbe la minestra; ciò fatto, apre un po' la bocca e vi batte su il palmo della destra facendo così un suono forte e profondo come se venisse dalla superficie del diaframma per l'arteria trachea, e ciò fece sedici volte. Ma Thaumaste soffíava sempre come un'oca. Allora Panurgo mise l'indice della destra in bocca serrandolo ben forte coi muscoli della bocca, poi l'estraeva, e traendolo faceva gran rumore come quando i ragazzi sparano con una canna di sambuco pallottole di rapa e ciò fece per nove volte.
Allora Thaumaste gridò:
- Ah, signori, il gran segreto! vi ha messo la mano fino al gomito. Ed estrasse un pugnale tenendolo colla punta rivolta in basso.
Allora Panurgo sbattè quanto poté la sua lunga braghetta sulle coscie; poi mise le mani congiunte in forma di pettine sulla testa, tirando fuori la lingua quanto poté e stralunando gli occhi nella testa come capra agli estremi.
- Ah, intendo, disse Thaumaste, ma che? E appoggiò sul petto il manico del pugnale mettendo sulla punta la palma della mano colle punte delle dita alcun poco ricurve.
Panurgo abbassò la testa dal lato sinistro e mise il dito medio nell'orecchia destra, elevando il pollice in alto. Poi incrociò le braccia sul petto tossendo cinque volte e alla quinta battendo il piede destro in terra; poi levò il braccio sinistro e serrando quattro dita a pugno teneva il pollice contro la fronte, e si battè colla destra il petto sei volte. Ma Thaumaste, non contento di ciò, mise il pollice della sinistra sulla punta del naso chiudendo le altre dita. Panurgo mise le due dita più lunghe ai lati della bocca tirandola quanto poté e mostrando tutti i denti, e coi pollici abbassava le palpebre degli occhi ben profondamente, facendo un'assai brutta smorfia a quanto sembrava ai presenti.


CAPITOLO XX.

Come qualmente Thaumaste loda le virtù e il sapere di Panurgo.


Allora Thaumaste si alzò e, levandosi il berretto ringraziò Panurgo garbatamente; poi disse ad alta voce rivolto ai presenti:
- Signori, posso ben ripetere che la parola evangelica: Et ecce plusquam Salomon hic. Voi avete qui alla vostra presenza un tesoro incomparabile, il signor Pantagruele. La rinomanza di lui mi aveva attratto fin qui dal fondo estremo dell'Inghilterra per conferire con lui sui problemi insolubili tanto di magia, alchimia, cabala, geomanzia, astrologia, quanto di filosofia, che mi tormentavano lo spirito. Ma ora mi adiro contro la fama la quale sembra essere invidiosa di lui non riferendo che la millesima parte della verità.
Voi avete visto come un semplice discepolo mi ha soddisfatto rispondendo più che non domandassi; e per giunta mi ha chiariti e risolti altri dubbi inestimabili. Posso poi assicurarvi che m'ha aperto il vero pozzo e gli abissi dell'enciclopedia, (mentre io pensava non poter trovare uomo che ne sapesse solo i primi elementi) quando abbiamo discusso per segni senza dire parola né mezza. Ma, a suo tempo, io redigerò per iscritto ciò che abbiamo detto e risolto, affinché non si pensi sia stata una canzonatura, e lo farò stampare affinché ciascuno apprenda, com'io ho appreso. Potete dunque argomentare ciò che avrebbe detto il maestro, se il discepolo ha compiuto prodezza tale, poiché: non est discipulus super magistrum. In ogni caso Dio sia lodato! E ben umilmente vi ringrazio dell'onore che ci avete fatto assistendo. Dio ve ne rimeriterà eternamente !
Simili ringraziamenti rivolse Pantagruele a tutto l'uditorio e uscendo di là accompagnò Thaumaste a pranzo con sé; e non mi chiedete se bevvero a ventre sbottonato (poiché in quel tempo là si chiudevano i ventri coi bottoni come ora i collari) fino a dire: Ma voi di dove venite? Madonna santa, come ci tiravano dentro! e le bottiglie correvano ed essi a gridare:
Tira!
- Da' qui!
- Vino, garzone!
- Versa, per l'anima del diavolo, versa!
Non vi fu alcuno che non bevesse venticinque o trenta brente. E sapete come? sicut terra sine aqua, poiché faceva caldo ed erano assetati anche di più.
Quanto all'esposizione delle proposizioni presentate da Thaumaste e al significato dei segni che furono adoperati nella disputa, ve li esporrei io secondo il nesso logico dell'uno coll'altro; ma m'han detto che Thaumaste ne ha composto un gran libro stampato a Londra nel quale dichiara tutto senza nulla tralasciare. Perciò me ne dispenso, per ora..

Nessun commento:

Posta un commento